
L’ Aceto Balsamico è una delle specialità gastronomiche italiane più apprezzate dai buongustai di tutto il mondo. Parte del suo valore è legato alle affascinanti vicende che caratterizzano il suo passato, quando era considerato elisir degno di un re. Parte deriva dalla qualità delle sue uve, frutto di uno specifico territorio, situato tra le antiche città di Modena e Reggio Emilia. Parte è dovuto alla maestria dei suoi artigiani, depositari di un’esperienza maturata nei secoli: sarà grazie a loro che, in quest’articolo, impareremo a conoscerlo e ad assaporarne il gusto più autentico.


Cos’è l’Aceto Balsamico?
L’aceto ‘balsamico’ è una particolare tipologia di aceto prodotto con mosto d’uva in due varietà:
L’Aceto Balsamico di Modena IGP:
Realizzato con mosto d’uva (cotto e/o concentrato), aceto di vino e, se richiesto, una minima percentuale di caramello. Il suo affinamento in botte di legno dura da 60 giorni a 3 anni: se si protrae, il prodotto acquista il titolo di ‘Invecchiato’. La specialità è tutelata dall’Unione Europea come IGP (Indicazione Geografica Protetta). Le sue uve provengono obbligatoriamente da 7 vitigni tipici, indicati nel Disciplinare di Produzione. La miscelazione delle materie prime, il processo di maturazione ed invecchiamento, nonché la certificazione finale devono avvenire nei territori delle Province di Modena e Reggio Emilia, mentre l’imbottigliamento può essere effettuato anche altrove.
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e di Reggio Emilia DOP:
Entrambi realizzati con solo mosto cotto, preparato con uve provenienti rigorosamente dalle rispettive province. Le specialità sono caratterizzate da un lungo periodo di invecchiamento, che va da un minimo di 12 anni, fino a 25 per il tipo extravecchio. Godono della tutela dell’Unione Europea, sancita dal Marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta). Tutto il processo produttivo, dalla coltivazione dell’uva fino all’imbottigliamento, occorre che avvenga nel territorio della Provincia di pertinenza.
Il colore scuro ed il grandissimo pregio di questa ghiottoneria gli hanno guadagnato nel passato l’appellativo di ‘oro nero’.

Le origini dell’aceto.

L’ ‘aceto’ è un prodotto dalle origini antichissime: basti pensare che il suo utilizzo per la conservazione dei cibi favorì lo sviluppo dell’agricoltura e la conseguente, progressiva stanzializzazione delle comunità nomadi dedite alla caccia. Il suo contributo alla nascita e allo sviluppo delle prime civiltà fu quindi di enorme importanza: ritrovamenti archeologici dimostrano che era già in uso presso gli Egizi ed i Babilonesi. In seguito si diffuse anche tra i Greci ed i Romani, che lo impiegarono, tra l’altro, come condimento, medicina (*1), per sterilizzare l’acqua e nella preparazione di bevande (*2).
Occorre comunque sottolineare il fatto che a tutti questi popoli era ignoto il meccanismo grazie al quale si forma l’aceto: un mistero che durò molti secoli, fino a quando, nell’Ottocento, il chimico francese Louis Pasteur formulò una spiegazione scientifica compiuta (*3).
Note:
*2: Come, ad esempio l’‘Oxykraton’ greco e la ‘Posca’ romana.
*3: Vale a dire il processo microbiologico che porta alla trasformazione degli zuccheri contenuti nel succo d’uva in alcol (‘fermentazione’), e alla successiva formazione di acido acetico in seguito all’ossidazione dell’alcol stesso.

La storia dell’Aceto Balsamico.

E’ possibile che siano stati i Romani ad inventare l’Aceto Balsamico o, meglio, quello che potrebbe essere considerato a tutti gli effetti il suo antenato, vale a dire il ‘Sapa’ (o ‘Saba’) (*1): uno sciroppo denso e dolciastro dai molteplici impieghi (*2), ricavato dalla cottura e conseguente riduzione del mosto d’uva (*3). Numerosi sono gli scrittori antichi che, nelle loro opere, fanno riferimento ad esso, tra questi Virgilio, Plinio il Vecchio ed Ovidio. Interessante la testimonianza di Columella che, nel suo ‘De re rustica’, indica la zona che corrisponde alle attuali province di Modena e Reggio Emilia, come particolarmente vocata alla sua produzione (*4).

Nel corso dell’Alto Medioevo, si diffusero voci relative a un ‘oro nero’, caratterizzato da qualità tanto leggendarie da divenire oggetto del desiderio di un re: Enrico II di Franconia (*5). Quest’ ‘oro nero’, molto probabilmente, altro non era che il prodotto attualmente conosciuto come Aceto Balsamico, considerato talmente prezioso da essere conservato in piccole boccette d’argento.
La fama della specialità crebbe ulteriormente nel corso dei secoli, tanto da essere citata, verso la fine del periodo rinascimentale, in un’opera (*6) redatta da Bartolomeo Scappi, il ‘cuoco dei Papi’.
Nello stesso periodo, la storia del balsamico cominciò ad intrecciarsi con quella dei Duchi Estensi, che si erano trasferiti nella città di Modena. Francesco I d’Este, durante i lavori di ampliamento del Palazzo Ducale, fece predisporre ad acetaia i locali della Torre del Prato.
Il primo documento che associa la parola ‘balsamico’ all’aceto modenese è il Registro delle cantine Ducali del 1747: questo, oltre all’‘aceto comune’, fa riferimento al ‘mezzo balsamico’ e al ‘balsamico fine’. Si ritiene che il termine possa essere legato alle doti medicamentose (‘balsamiche’, appunto) del prodotto e agli intensi aromi che sprigionava.

L’arrivo delle truppe napoleoniche a Modena nel 1796 segnò un cambiamento epocale per l’Aceto Balsamico. Il suo valore economico venne riconosciuto dai francesi e l’acetaia Ducale fu venduta all’asta: alcune ricche famiglie borghesi approfittarono della situazione acquistando le nobili botti. Le norme commerciali e doganali emanate dalla neonata Repubblica Cisalpina favorirono gli scambi e l’Aceto Balsamico, non più appannaggio delle sole famiglie aristocratiche, iniziò ad essere richiesto dal mercato.
Dopo la proclamazione del Regno d’Italia, i produttori del ‘Balsamico’ iniziarono a partecipare alle sempre più frequenti Esposizioni Internazionali: di particolare importanza l’Esposizione Internazionale di Parigi del 1878, che sancì di fatto il valore della specialità, alla quale furono riconosciute caratteristiche uniche in termini di gusto ed aroma.
Il successo portò ad una differenziazione dei processi produttivi e alla commercializzazione di un aceto agrodolce e profumato, più adatto ad un uso quotidiano e dal costo abbordabile. Cominciarono così a delinearsi i due prodotti indicati ai giorni nostri dalla UE come Aceto Balsamico di Modena IGP e Aceto Balsamico Tradizionale DOP (di Modena e di Reggio Emilia), promossi e tutelati dai rispettivi Consorzi.
Note:
*1: Chiamato alternativamente ‘defrutum’ o ‘caraenum’, in base alla densità del prodotto.
*2: Veniva utilizzato, tra l’altro, come condimento (non di rado mescolato al ‘Garum’, salsa di pesce macerato) o come vino (grazie all’aggiunta di acqua).
*3: La riduzione faceva sì che il liquido non potesse più fermentare e fosse in grado di sopportare lunghi viaggi senza alterarsi.
*4: Columella sottolinea il fatto che, a volte, il mosto fermentava dando vita a un prodotto che, una volta invecchiato, era molto piacevole al palato (lo scrittore stava inconsapevolmente parlando della specialità oggetto di questo articolo).
*5: Le cronache del tempo narrano che, nel 1046, Bonifacio di Canossa (padre della più famosa Matilde), per entrare nelle grazie del Re Enrico, gli fece omaggio di una botticella di ‘defrutum’.
*6: ‘Opera. Dell’arte del cucinare’ (1570) di Bartolomeo Scappi, ‘cuoco segreto’ dei Papi Pio IV e Pio IV.

Aceto Balsamico: le zone di produzione.

L’ Aceto Balsamico di Modena e l’Aceto Balsamico Tradizionale, per essere considerati tali, devono rispondere a una serie di requisiti (*1). Tra questi, le zone di produzione:
Aceto Balsamico di Modena IGP: secondo l’Articolo 3 del Disciplinare dell’Aceto Balsamico di Modena IGP, la sua produzione “deve essere effettuata nel territorio amministrativo delle province di Modena e Reggio Emilia”. Secondo l’Articolo 5, “le fasi che devono aver luogo obbligatoriamente nella zona geografica di origine sono l’assemblaggio delle materie prime, l’elaborazione, l’affinamento e/o invecchiamento in contenitori di legno.”. Le altre fasi, come ad esempio l’imbottigliamento, possono avvenire anche al di fuori di questi territori.
Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP: Secondo l’Articolo 3 del Disciplinare dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, le uve ad esso destinate “devono essere prodotte nel territorio tradizionale della Provincia di Modena”. Secondo l’Articolo 5, “le operazioni di elaborazione, di invecchiamento obbligatorio e di imbottigliamento” devono anch’esse avvenire nel medesimo territorio.
Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP: In base a quanto stabilito dall’Articolo 3 del Disciplinare dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP, le uve ad esso destinate “devono essere prodotte nel territorio idoneo della Provincia di Reggio Emilia”. Secondo l’Articolo 5, “le operazioni di elaborazione, di invecchiamento obbligatorio e di imbottigliamento” devono anch’esse avvenire nel medesimo territorio.
Nota:
*1: Dettami contenuti nei rispettivi Disciplinari di Produzione.


Il vero ‘Balsamico’.

Sebbene in diversi paesi del mondo alcune aziende provino a realizzare il proprio ‘Aceto Balsamico’, è la storiografia ufficiale ad indicare che gli unici veri eredi della sua antichissima tradizione sono i produttori emiliani rappresentati dai tre Consorzi del ‘Balsamico’, vale a dire:
Il Consorzio dell’Aceto Balsamico di Modena IGP;
Il Consorzio dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP;
Il Consorzio dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP;
A causa del notevole successo commerciale, i tre ‘Balsamici’ sono da sempre oggetto di imitazione: l’assegnazione delle Denominazioni di Origine IGP e DOP da parte dell’Unione Europea ha avuto lo scopo di fornire la giusta tutela a queste specialità. Al di là della protezione legale, ciò che garantisce le loro caratteristiche uniche è l’esperienza secolare dei loro artefici ed il rigoroso rispetto dei Disciplinari di Produzione.

Come si produce l’Aceto Balsamico di Modena IGP?
Di seguito un elenco dei passaggi necessari alla produzione di questa specialità:


02. ‘Pigiatura’: l’uva è pressata ottenendo il ‘mosto’. Questo viene cotto e/o concentrato fino al raggiungimento di una densità minima stabilita dal disciplinare.


03. Il mosto viene quindi miscelato con aceto di vino, in una misura minima del 10%, e con altro aceto che abbia almeno 10 anni di invecchiamento (*1). Grazie a colonie batteriche selezionate avviene l’acetificazione. (*2)


04. La miscela delle materie prime è quindi pronta per l’ ‘affinamento’ (min. 60gg.) e l’eventuale ‘invecchiamento’ (*3), che avvengono in botti di legno pregiato come ad esempio il rovere, la quercia, il castagno, il ginepro ed il gelso.


05. Il prodotto subisce un’attenta analisi e ottiene quindi la ‘certificazione’ che ne attesta il livello qualitativo.
Note:
*1: E’ inoltre possibile aggiungere un piccolo quantitativo di caramello che funge da colorante.
*2: Innesto di colonie di acetobatteri che regolano il processo successivo di maturazione e invecchiamento.
*3: Se l’invecchiamento dura almeno tre anni, il prodotto è considerato ‘invecchiato’.



Aceto, antica medicina.
Nel corso dei suoi numerosi secoli di storia, l’aceto è stato utilizzato, oltre che in cucina, come vero e proprio farmaco. Si dice che Ippocrate, universalmente considerato padre della medicina e autore del famoso giuramento, lo impiegasse per curare ferite e problemi all’apparato respiratorio. Nell’antica Roma la ‘Posca’ (o ‘Pasca’), miscela di aceto ed acqua, era ritenuta, tra l’altro, un ottimo rimedio per la dissenteria.



La ‘Posca’,la bevanda dei legionari.
Gli antichi romani impiegavano l’aceto in una delle bevande più famose del loro tempo, vale a dire la ‘Posca’ (o ‘Pasca’). Catone il Vecchio (famoso generale, politico e scrittore), ci ha tramandato preziose informazioni in merito a questa preparazione, le cui doti erano, a quanto pare, particolarmente apprezzate dai legionari, che la utilizzavano non solo per dissetarsi, ma anche come medicamento e addirittura per lavarsi!

Le terre del ‘Balsamico’.
Le Province di Modena e Reggio Emilia sono da secoli le vere e proprie culle del ‘Balsamico’. Si trovano entrambe in Emilia, la parte occidentale della Regione Emilia-Romagna.

I PRODUTTORI PIU’ TRADIZIONALI

Quest’articolo è il frutto della collaborazione tra WebFoodCulture, il Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena e il Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, organizzazioni che riuniscono i produttori più tradizionali della celebre specialità. Le informazioni riportate descrivono le effettive caratteristiche del prodotto.

Come si produce l’aceto balsamico di Modena? – Schema stampabile.
Cliccare qui per visualizzare (ed eventualmente scaricare) uno schema stampabile contenente i vari passaggi del metodo di produzione dell’Aceto Balsamico di Modena.

Le uve per il ‘Balsamico’.
L’ Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e quello di Reggio Emilia DOP sono prodotti con il mosto ricavato dalle uve provenienti dai più celebri vitigni locali, vale a dire principalmente il Trebbiano ed il Lambrusco.
Continua

SOLO LE SPECIALITA’ PIU’ TIPICHE E TRADIZIONALI


Le origini della parola ‘aceto’.
Il termine ‘aceto’ deriva dal latino ‘acetum’, che già ai tempi di Roma antica indicava il prodotto attualmente impiegato come condimento.
A tal proposito è curioso constatare che anche le sue traduzioni in lingua inglese, ‘vinegar’, e francese, ‘vinaigre’, derivano dalla composizione di parole latine, vale a dire ‘vinum’ (vino) ‘acre’ (acido).


Aceto Balsamico: calorie e valori nutrizionali.
Quindici grammi (una porzione) di Aceto Balsamico di Modena IGP apportano circa ventidue calorie. Lo stesso quantitativo di Aceto Balsamico Tradizionale DOP (di Modena o di Reggio Emilia) ne apporta quasi il doppio.
La specialità contiene, oltre ad acqua, carboidrati, proteine e sali minerali. Non è presente alcun tipo di grasso.

Musica di Pavarotti per il ‘Balsamico’.
Il grande tenore Luciano Pavarotti, originario della città di Modena, era notoriamente un cultore del buon cibo. Continua.
Di seguito una breve selezione contenente alcuni dei suoi più celebri successi per accompagnare la lettura dell’articolo:
Nota: registrarsi a Spotify così da poter ascoltare i brani per intero.

L’Esposizione Internazionale di Parigi del 1878 ed il ‘Balsamico’.
Le Esposizioni Internazionali organizzate a cavallo tra XIX ed XX secolo furono particolarmente importanti per far conoscere il ‘Balsamico’ di Modena e Reggio Emilia al di fuori dei confini nazionali italiani. Qui sopra è riportata l’immagine di una moneta celebrativa dell’evento che si tenne a Parigi nel 1878.

La bottiglia dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP può essere commercializzato esclusivamente in un particolare tipo di bottiglia, progettata nel 1987 dal designer automobilistico Giorgetto Giugiaro affinché diventasse elemento distintivo del prodotto. L’imbottigliamento può avvenire solo in un centro autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole.


Le ‘salse balsamiche’.
Esistono in commercio condimenti che, pur non essendo Aceto Balsamico, si rifanno almeno in parte alla sua tecnica di preparazione.
Continua.


I marchi DOP e IGP.
Nel corso degli anni l’Unione Europea ha riconosciuto le qualità e l’unicità dell’Aceto Balsamico prodotto nella zona delle Province di Modena e Reggio Emilia. Continua.

Lettura consigliata: Il Balsamico, l’oro nero di Modena.
Per approfondire ulteriormente la conoscenza dell’Aceto Balsamico e scoprirne appieno fascino, consigliamo la lettura del libro ‘Il Balsamico, l’oro nero di Modena’, opera che gode del patrocinio di entrambi i Consorzi di Tutela. Sarà possibile acquistarla a breve sul sito di Artioli Editore 1899.

I Consorzi del ‘Balsamico’.
Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena IGP
Continua
41121 Modena;
Website: www.consorziobalsamico.it
Mail: info@consorziobalsamico.it
Tel.: +39 059 208621


Continua
41123 Modena;
Website: www.balsamicotradizionale.it
Mail: consorzio.tradizionale@mo.camcom.it
Tel.: +39 059 208604

Continua
42123 Reggio Emilia;
Website: www.acetobalsamicotradizionale.it
Mail: info@acetobalsamicotradizionale.it

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