
“Un esercito marcia sul suo stomaco”: questa affermazione, generalmente attribuita a Napoleone Bonaparte, dimostra quanto al generale (ed in seguito Imperatore) francese fosse chiara l’importanza del cibo per le sorti di un conflitto, al pari dell’armamento e dell’addestramento delle truppe. La correttezza del suo pensiero fu provata, tra l’altro, nel corso della Prima Guerra Mondiale, quando l’alimentazione dei soldati delle opposte fazioni si dimostrò fondamentale. Scopriamo insieme il perchè!


La Prima Guerra Mondiale: un pò di storia.

La Prima Guerra Mondiale iniziò il 28 luglio del 1914. La miccia che portò all’esplosione del conflitto fu un attentato nella città di Sarajevo: un tragico evento in cui persero la vita l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo e la moglie. L’Impero Austro Ungarico, ritenendo il Regno di Serbia responsabile di quanto accaduto, diede il via alle ostilità. Il periodo d’oro del continente Europeo, la cosiddetta ‘Bella Epoque’, dovette cedere il passo a uno scontro dalle proporzioni inedite. Non è quindi un caso che sia ricordato come la ‘Grande Guerra’.
Gli schieramenti.
Al pari di un’esplosione a catena, un complesso sistema di alleanze coinvolse progressivamente un gran numero di Stati. Si formarono due schieramenti:
- Gli Imperi Centrali: l’Impero Tedesco, l’Impero Austro-Ungarico, il Regno di Bulgaria, l’Impero Ottomano;
- Le Nazioni Alleate (la cosiddetta ‘Intesa’): la Francia, l’Impero Britannico, l’Impero Russo, il Regno di Serbia. A questi in un secondo momento si aggiunsero l’Impero del Giappone, il Regno d’Italia, il Regno di Romania, gli Stati Uniti e il Regno di Grecia.
Le cause.
L’attentato di Sarajevo, come già anticipato, fu solo l’evento scatenante, il culmine di una situazione ben più complessa che negli anni si aggravò fino a raggiungere il punto di rottura. Le vere cause della guerra furono altre. Tra queste è importante ricordare:
Il desiderio da parte di una Germania fortemente militarista di affermare la sua posizione di forza nell’assetto internazionale.
Il tentativo dei regimi autoritari di imbrigliare le istanze di matrice socialista che iniziavano a minacciare il loro potere.
Una guerra di posizione.
Un rapido attacco sferrato dall’esercito tedesco nella zona dei Paesi Bassi e nel nord della Francia, sembrò poter decidere le sorti del conflitto a pochi mesi dal suo inizio.
Gli Imperi Centrali fecero di tutto per ottenere una rapida vittoria, consapevoli delle molteplici incognite legate a uno sforzo bellico prolungato. Le loro speranze si infransero a causa della strenua resistenza opposta dalle truppe francesi. In seguito alla Battaglia della Marna l’avanzata si arrestò e i soldati dovettero attestarsi su un fronte lunghissimo: una sanguinosa ed estenuante guerra di logoramento era appena iniziata.
La scarsità di risorse alimentari.
I campi vennero devastati dalla furia dei combattimenti o abbandonati dagli uomini perchè chiamati in prima linea. Ciò provocò una notevole riduzione della produzione agricola. La conseguente carenza di cibo, fu ulteriormente aggravata da blocchi navali ed attacchi sottomarini che miravano a impedire qualsiasi tentativo di approvvigionamento. Gli Imperi Centrali si trovarono in grave difficoltà, ancor più delle Nazioni Alleate. Le scarse risorse a disposizione erano in gran parte destinate a sostenere l’esercito. Nelle città la gente iniziò a morire di fame: la malnutrizione causò migliaia di vittime tra la popolazione, innescando numerose rivolte.
Gli Stati Uniti entrano in guerra.
E’ importante evidenziare il fatto che l’esercito tedesco e quello austriaco si trovarono ad affrontare un nemico che invece di indebolirsi si rafforzava giorno dopo giorno. L’ingresso degli Stati Uniti nel conflitto segnò la svolta definitiva: il gran numero di truppe fresche e l’enorme quantità di rifornimenti che furono riversati sullo scacchiere bellico, portarono alla definitiva sconfitta degli Imperi Centrali.

Grande Guerra: un nuovo tipo di guerra.

Per poter comprendere quanto l’alimentazione dei soldati incise sull’andamento della Grande Guerra, occorre capire fin da subito in cosa questo conflitto si differenziò dai precedenti.
Le ostilità scoppiarono nel 1914, coinvolgendo, una dopo l’altra, un gran numero di nazioni. L’ideale quasi romantico, retaggio del periodo napoleonico, di eserciti che si confrontano in modo onorevole, svanì immediatamente. Nel momento stesso in cui la prima carica di cavalleria pesante, fino ad allora considerata l’arma più potente, fu annientata dai proiettili delle mitragliatrici, si capì che qualcosa era definitivamente cambiato e occorreva ripensare al modo in cui combattere. Dopo pochi attacchi i fronti contrapposti si stabilizzarono, rimanendo sostanzialmente bloccati.
Le truppe, all’affannosa ricerca di protezione dalle nuove armi, si rifugiarono all’interno delle trincee: lunghe e profonde buche nel terreno, scavate sui margini delle opposte linee di combattimento. Un mostruoso serpentone che spaccò l’intera Europa, da nord a sud.

L’importanza fondamentale del cibo nel corso della Grande Guerra.

I comandanti degli schieramenti coinvolti nel conflitto pensavano che la permanenza delle truppe nelle trincee sarebbe stata breve: si sbagliavano. I soldati furono costretti al loro interno per lunghi anni, morendo come mosche nel corso dei numerosi assalti alle postazioni nemiche: azioni tanto sanguinose quanto inutili. Quello che nelle intenzioni dei generali doveva essere un confronto di breve durata, in grado di assicurare rapide e trionfali vittorie, si trasformò nell’incubo di qualsiasi combattente: una lunga ed estenuante guerra di logoramento. Fu quindi chiara la necessità di realizzare un sistema in grado di provvedere con costanza ed efficacia al sostentamento di un gran numero di uomini.
Almeno inizialmente, il cibo veniva preparato in cucine situate nelle retrovie, luoghi a volte molto distanti dall’interminabile linea di fronte: sebbene si cercasse di ottimizzarne il trasporto, era inevitabile che dopo un viaggio lungo e difficoltoso il rancio arrivasse a destinazione in condizioni terribili.
La quantità e la qualità delle razioni, aspetti inizialmente sottovalutati, si rivelarono invece di fondamentale importanza nel quadro complessivo dello sforzo bellico: fattori in grado di incidere sul morale e sul rendimento dei soldati, influenzando in modo decisivo la loro stessa efficacia in combattimento.
Divenne chiaro che la fazione in grado di nutrire al meglio le proprie truppe, nel lungo periodo avrebbe finito col vincere la guerra.
L’alimentazione acquisì perciò un ruolo fondamentale: si trattava di una vera e propria arma, forse addirittura la più efficace. Non a caso entrambi gli schieramenti utilizzarono le proprie marine militari per strozzare la capacità nemica di rifornirsi.

Il cibo delle fazioni in guerra.

Numerosi fattori influirono sull’alimentazione degli eserciti impegnati nella Grande Guerra: tra questi, ad esempio, la natura dei luoghi in cui si trovarono ad operare. Gli scenari di combattimento furono infatti molto diversi l’uno dall’altro: nulla di cui stupirsi, considerando la differente morfologia dei campi di battaglia, sparsi in tutto il continente europeo. Basti ricordare che alcune trincee erano scavate presso le cime di montagne impervie, mentre altre si trovavano nel mezzo di pianure sterminate, squassate dai crateri delle bombe. Raggiungere ogni giorno la prima linea, trasportando il rancio preparato nelle retrovie, rappresentava spesso un’impresa molto ardua. Per completezza, va detto che in alcune zone le situazione delle truppe era leggermente migliore, o perchè vicine alle preziose linee di rifornimento, o perchè incaricate di presidiare aree relativamente tranquille. In alcuni casi i soldati furono persino in grado di arrangiarsi, integrando il vitto grazie alla caccia o a piccoli orti, coltivati alle spalle delle trincee.
Di seguito un panorama della situazione che, dal punto di vista dell’alimentazione, contraddistinse le due fazioni impegnate nel conflitto:
Gli Imperi Centrali.
Gli Imperi Centrali (*1) entrarono in guerra confidando che sarebbe stata di breve durata (*2) e avrebbe portato a una loro rapida vittoria: per questo motivo si dimostrarono del tutto impreparati a sostenere un conflitto che durò per diversi anni. Occorre comunque sottolineare il fatto che fin dall’inizio delle ostilità le truppe austriache e quelle tedesche dovettero accontentarsi di razioni esigue, soprattutto rispetto a quelle distribuite agli avversari. Una disparità che apparve ben chiara anche agli alti comandi: non a caso si affidarono ai famigerati U-boat per affondare i mercantili nemici e in questo modo strozzare i rifornimenti alle Nazioni Alleate.
Le Nazioni Alleate.
In generale, dal punto di vista dell’alimentazione, le truppe alleate (*3) furono avvantaggiate rispetto a quelle degli Imperi Centrali. Va comunque sottolineato che la situazione non si potè mai definire rosea: i soldati dovettero quasi sempre combattere la fame. Il vero punto di svolta, sia dal punto di vista dell’alimentazione, sia per quanto riguarda le sorti del conflitto, fu rappresentato dall’intervento dell’AEF, la ‘American Expeditionary Force’: a partire dal 1917, gli Stati Uniti rovesciarono sullo scacchiere bellico europeo non solo truppe fresche, ma anche e soprattutto un enorme quantitativo di rifornimenti. Ciò contribuì a vanificare la strenua resistenza degli Imperi Centrali, causando la loro disfatta e decretando la fine della guerra.
Note:
*1: Gli ‘Imperi centrali’ o ‘Potenze Centrali’ includevano l’Impero Tedesco, l’Impero Austro-Ungarico, il Regno di Bulgaria, l’Impero Ottomano;
*2: Fin dall’inizio del XX secolo i generali tedeschi si dimostrarono affascinati dalla prospettiva di una ‘guerra lampo’, la cosiddetta ‘blitzkrieg’, attuata con successo nella Seconda Guerra Mondiale.
*3: Gli ‘Alleati’ o ‘Intesa’, includevano la Francia, l’Impero Britannico, l’Impero Russo, il Regno di Serbia, l’Impero del Giappone, il Regno d’Italia, il Regno di Romania, gli Stati Uniti e il Regno di Grecia.

La guerra navale affama gli Imperi Centrali.
Fin dall’inizio della guerra, ognuna delle due fazioni in campo cercò di ‘affamare’ quella avversaria. Per raggiungere quest’obiettivo, entrambe provarono a bloccare i rifornimenti nemici, trasportati in gran parte dalle rispettive marine mercantili.

Il controllo dei mari risultò quindi estremamente importante: nonostante gli affondamenti causati dai sommergibili tedeschi (i famigerati U-Boats) rappresentassero un notevole problema, i blocchi navali attuati dalle forze Alleate si dimostrarono ancor più decisivi. E’ stato calcolato che nel corso del secondo anno di guerra, la Germania perse quasi la metà dei materiali che era solita ricevere. Il mancato arrivo dei fertilizzanti fu particolarmente grave: nel giro di pochi mesi causò un drastico taglio della produzione agricola.
Il piano ideato da Paul von Hindenburg per ottimizzare le risorse non ebbe altro effetto che prolungare una lenta agonia. La malnutrizione fiaccò il morale delle truppe, prive delle energie necessarie agli estenuanti combattimenti. Enorme fu il numero delle vittime tra la popolazione civile.

Il cibo della Grande Guerra: schegge, segatura e rape per il soldato tedesco.
Ai soldati tedeschi, soprattutto verso la fine della guerra, vennero riservate vere e proprie ‘prelibatezze’ culinarie:


La ‘Schrapnellsuppe’.
La ‘zuppa di scheggie’ era particolarmente ‘apprezzata’ dalla truppa.
Questa pietanza veniva spesso servita quasi cruda: il risultato più evidente era che i piselli, l’ingrediente principale, spesso risultavano al palato duri come schegge di proiettile, da cui il nome della squisita preparazione.


Pane, segatura e rape.
La scarsità di materie prime fece sì che il pane di cui si nutrivano le truppe tedesche fosse spesso preparato con farina a cui veniva aggiunta segatura per aumentarne il quantitativo. Capitava inoltre che questo pane fosse accompagnato dalla ben poco allettante marmellata di rape.

Il cibo della Grande Guerra: ‘Maconochie’ e ‘Bully Beef’ per i soldati inglesi.
Tra i vari alimenti che caratterizzarono la dieta dei soldati inglesi nel corso della Prima Guerra Mondiale, due sono particolarmente interessanti: la famigerata ‘zuppa maconochie’ e la cosiddetta ‘bully beef’.


Cibo della Grande Guerra: la zuppa ‘maconochie’.
La zuppa in lattina ‘maconochie’ fu uno dei prodotti più consumati dall’esercito inglese nel corso della Grande Guerra. Ciò non vuol dire che i soldati di Sua Maestà la amassero, anzi: mangiarla era per loro “una necessità, sicuramente non un piacere” (cit.). La odiavano a tal punto da sostenere che riscaldata fosse commestibile, mentre fredda sarebbe stata in grado di uccidere un uomo. Una pessima fama, non c’è che dire. Gli ingredienti principali di questa preparazione erano manzo, patate, carote, cipolle, fagioli, farina, lardo e sale.


Cibo della Grande Guerra: la ‘Bully Beef’.
Il nome ‘Bully Beef’ deriva dall’anglicizzazione delle parole francesi ‘boeuf bouilli’ (‘carne bollita’). Si tratta per l’appunto di carne in scatola (‘corned beef’), finemente tritata e imbevuta nella gelatina: può essere consumata sia spalmandola su pane o gallette, sia servendosi direttamente dal contenitore.
Grazie alla sua praticità, questo prodotto è rimasto un elemento di fondamentale importanza nelle razioni dei soldati inglesi per tutto il ventesimo secolo, fino alla sua sostituzione avvenuta nel 2009.
E’ interessante ricordare la testimonianza di Harry Patch, veterano della Grande Guerra, morto alla veneranda età di 111 anni. Parlando del cibo che gli veniva dato durante il conflitto e volendo sottolineare quanto fosse scarso, diceva: “our rations, you were lucky if you got some bully beef and a biscuit.” (“Per quanto riguarda le razioni, eri fortunato se avevi un pò di bully beef e un biscotto”).


Il cibo della Grande Guerra: le razioni dei soldati americani.

Nel corso della Prima Guerra Mondiale l’esercito americano si dimostrò particolarmente preparato nell’affrontare le difficoltà legate all’alimentazione dei propri soldati. Una conoscenza derivata da studi specifici, volti a comprendere come nutrire al meglio le truppe impegnate in combattimento.
Grazie a queste ricerche si passò dalla semplice ‘garrison ration’, la razione ‘da presidio’, disponibile durante la Guerra di Indipendenza, a tipologie ben più complesse, progettate per adattarsi a diversi tipi di scenario bellico:
- La ‘reserve ration’: era la razione che ogni soldato portava all’interno dello zaino. Veniva utilizzata quando, per qualsiasi ragione, non si poteva consumare il rancio. Conteneva, tra i vari alimenti, carne in scatola, pane secco, zucchero, caffè e sale.
- La ‘trench ration’: era una razione che poteva sfamare un certo numero di soldati. Veniva impiegata in situazioni di emergenza, quando il rancio non arrivava dalle cucine situate nelle retrovie. Conteneva carne in scatola, sardine, salmone, caffè, sale, zucchero e persino sigarette.
- La ‘emergency ration’: era un concentrato di prodotti altamente calorici, tra i quali la cioccolata. La sua principale caratteristica era la grande trasportabilità. Veniva anche chiamata ‘armour ration’ o ‘iron ration’, perchè confezionata in contenitori di metallo, in grado di resistere ai numerosi pericoli delle zone di combattimento.


Come si viveva nelle trincee.

Le ‘trincee’, almeno inizialmente, altro non erano che profondi solchi scavati nel terreno lungo la linea del fronte. A una certa distanza da esse, oltre la cosiddetta ‘terra di nessuno’, si sviluppavano le posizioni nemiche. Durante la Prima Guerra Mondiale, nonostante gli strateghi avessero previsto il contrario, questo fronte rimase inalterato per lunghi periodi di tempo: una prolungata situazione di stallo che costrinse a trasformare dei semplici fossati, realizzati per proteggersi dall’artiglieria avversaria, in strutture più articolate, in grado di ospitare migliaia di combattenti.

La trincea più comune era profonda circa un metro e mezzo, il lato che si affacciava sul nemico era coperto per un altro mezzo metro da sacchi di sabbia. Piccole fessure permettevano di spiare i movimenti dell’avversario, restando al riparo dal tiro dei cecchini.
Per molti anni questo luogo diventò la casa di tantissimi soldati: una casa che offriva le peggiori condizioni di vita possibili. Si pativa il freddo durante l’inverno e il caldo d’estate. Quando pioveva, il fango arrivava alle ginocchia. La mancanza di una fogna, ne faceva un luogo sporco e maleodorante. Si era costretti a indossare la stessa divisa per settimane, senza possibilità di lavarsi, circondati da ratti e cadaveri. Si mangiava poco e male. Quasi sempre si moriva di sete.
Una situazione di estrema precarietà, condita dall’incessante terrore di essere colpiti da un proiettile nemico o di non riuscire a sopravvivere al prossimo assalto.

Cibo della Grande Guerra: le ‘scatolette’.
Fin dall’inizio della Grande Guerra, fu ben chiara la difficoltà nel rifornire di cibo le truppe schierate sulla interminabile linea del fronte. Agli evidenti problemi logistici, si assommavano i frequenti attacchi del nemico.
In una situazione del genere, caratterizzata da una estrema precarietà, era comunque necessario nutrire con costanza gli uomini, in modo tale che, se non alle pallottole, quantomeno sopravvivessero ai morsi della fame.
Il cibo in scatola si dimostrò lo strumento più valido per assicurare una certa continuità nell’alimentazione dei soldati.
Continua Le ‘scatolette’ vennero utilizzate per conservare una vasta gamma di generi di prima necessità: dalla carne al pesce, ma anche burro, zuppe, prosciutto etc.
Il loro rivestimento metallico e la chiusura ermetica, oltre a garantire la lunga conservazione, proteggevano dall’estrema sporcizia dell’ambiente e dall’avvelenamento causato dai gas letali.
Grazie a queste caratteristiche, rappresentarono spesso l’ultima risorsa disponibile (*1): non a caso in genere se ne poteva fare uso solo previa autorizzazione di un ufficiale.
Gli eserciti di entrambe le fazioni, durante gli anni del conflitto, ne consumarono milioni: ancora oggi, dopo più di un secolo, se ne possono trovare resti arruginiti disseminati sui vecchi campi di battaglia.
Nota:
*1: Ogni soldato, almeno in teoria, doveva portare con se un certo numero di scatolette. In situazioni di particolare pericolo, dal cibo contenuto in esse poteva dipendere la sua stessa sopravvivenza.

Napoleone, Appert e il cibo in scatola.

E’ probabile che le ‘scatolette’ avrebbero fatto molto comodo a Napoleone Bonaparte.
A tal proposito è interessante sottolineare che fu proprio lui a gettare le basi della loro invenzione, indicendo un concorso volto a scoprire un nuovo metodo di conservazione del cibo.
La gara venne vinta dallo chef francese Nicolas Appert grazie a un procedimento, la ‘appertizzazione’ (*1), che consisteva nel bollire gli alimenti e sigillarli in vasi di vetro (*2).
Continua

Qualche anno più tardi un altro francese, l’ingegnere Philippe de Girard (1775-1845), perfezionò la procedura introducendo l’uso dei contenitori di latta.
Va detto che sebbene la scoperta di questa tecnica venga spesso attribuita a Peter Durand, in realtà egli fu semplicemente il primo a brevettarla nel Regno Unito (*3).
In seguito l’azienda inglese Donkin and Hall pagò mille sterline a Duran per questo brevetto e in breve tempo divenne il primo produttore di scatolette al mondo.
*1: La procedura di conservazione scoperta da Appert non aveva basi scientifiche ma solo empiriche. Occorrerà attendere qualche anno e gli studi del biologo francese Louis Pasteur, per raggiungere una spiegazione esauriente del processo di sterilizzazione.
*2: I contenitori di vetro venivano sigillati utilizzando la pece.
*3: Durand brevettò due volte la medesima procedura: la prima volta nel Regno Unito, la seconda negli Stati Uniti. In America la tecnica venne ulteriormente perfezionata, riducendo i tempi necessari alla sua applicazione da alcune ore a pochi minuti.


“UN ESERCITO MARCIA SUL SUO STOMACO”
(Napoleone Bonaparte)

Sir Winston Churchill scrive a casa.
Forse non tutti sanno che Sir Winston Churchill, l’uomo politico inglese che forse più di ogni altro contribuì alla sconfitta di Adolf Hitler nella Seconda Guerra Mondiale, partecipò anche alla prima, in qualità di ufficiale comandante del sesto battaglione dei Royal Scots Fusiliers.
Continua
A seguire. la traduzione di parte di una di queste lettere:
“… per quanto riguarda il cibo, vado a elencarti ciò che desidero tu mi invii: confezioni grandi di carne in scatola, formaggio Stilton, burro, prosciutto, sardine, frutta secca. Potresti provare a spedirmi una grossa torta di manzo, ma per cortesia evita il pollo in scatola o altre stranezze. I cibi più semplici sono i migliori e i più appetitosi. Considera che qui la nostra razione di carne è dura e priva di sapore, oltretutto non possiamo usare il fuoco quando fa buio. Temo che le mie necessità possano essere per te troppo costose. Ricordati di addebitarmi queste spese tenendole separate da quelle che sostieni per la casa … ”.

Il cibo della Grande Guerra: l’erbswurst, molto più di una comune salsiccia.
Prima che iniziasse la Grande Guerra, gli alti comandi tedeschi cercarono uno strumento che permettesse di nutrire le truppe, garantendo loro la massima mobilità.
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Si trattava di una sorta di ‘salsiccia’, contenente un impasto di pancetta essiccata e polvere di piselli. Poteva essere tagliata e reidratata in acqua calda, preparando in pochi minuti una zuppa nutriente e saporita. Il suo inventore fu Heinrich Grueneberg che nel 1899 vendette il brevetto alla famosa azienda Knorr.
L’Erbswurst è prodotto ancora oggi.

SOLO LE SPECIALITA’ PIU’ TIPICHE E TRADIZIONALI

Le canzoni della Grande Guerra.
Alcune tra le canzoni più famose al tempo della Prima Guerra Mondiale rappresentano sicuramente l’accompagnamento ideale alla lettura di quest’articolo:
Nota: registrarsi a Spotify così da poter ascoltare i brani per intero.

Il presidente scommette sul cibo.
Durante la Grande Guerra, qualche anno prima di diventare il 31° Presidente degli Stati Uniti, Herbert Hoover diresse la U.S.Food Administration.
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Cibo della Grande Guerra: gallette nelle tasche dei soldati.
La galletta è un tipo di biscotto incredibilmente semplice: viene infatti preparata solo con acqua e farina, qualche volta è aggiunto del sale (*1).
Continua
Il suo successo è da sempre legato alla lunga conservazione: se tenuta lontana da acqua e umidità, può durare per molti anni. Grazie a questa caratteristica fa da sempre parte delle razioni di soldati e marinai.
I francesi la chiamano ‘galet’ (‘ciottolo’, piccola pietra), gli inglesi ‘hard tack’, i tedeschi ‘schiffszwieback’.
Nota:
*1: Non viene utilizzato lievito.


Cibo della Grande Guerra: ‘carne di scimmia’ per i soldati francesi.
I soldati francesi erano soliti affibbiare soprannomi molto ironici al cibo che mangiavano ogni giorno in trincea.
Facciamo qualche esempio:
La carne in scatola, riportando spesso il marchio ‘Madagascar’ sulla confezione, veniva chiamata ‘monkey meat’ (carne di scimmia).
I fagioli e i piselli, dal momento che in genere venivano serviti quasi crudi e quindi molto duri, erano soprannominati ‘schrapnells’, termine di origine tedesca traducibile in ‘schegge’, ‘proiettili’.
Le lenticche, considerato il loro aspetto, diventavano ‘punaises’ (cimici).

Soldati affamati razziano i depositi avversari.
Nel Marzo del 1918 un gran numero di truppe tedesche, approfittando dell’uscita della Russia dalla guerra, si riversarono ad occidente e sfondarono il fronte presidiato dagli inglesi.
Continua

Il consumo dell’alcohol in prima linea.
Nel corso della Grande Guerra, in generale l’uso di sostanze alcoliche in prima linea non era tollerato (almeno ufficialmente). Va comunque detto che in determinati frangenti alcune eccezioni erano ammesse: ad esempio capitava abbastanza spesso che, prima di un assalto, della grappa fosse distribuita ai soldati italiani per infondere loro coraggio.

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